Privacy VS Coronavirus

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Informazioni importanti da trattare con i giusti accorgimenti

Cosa ne sarà di tutta questa mole di dati che ci è stata richiesta alla reception in questi giorni di emergenza durante una visita presso l’azienda cliente?

Se si tratta dell’ambito della pubblica amministrazione e della protezione civile abbiamo una risposta diretta che arriva dal garante italiano.

Rivediamo velocemente insieme il “Parere sulla bozza di ordinanza recante disposizioni urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili – 2 febbraio 2020” che da garanzia di bontà del trattamento per quanto riguarda lo stato di emergenza sanitaria decretando che:

[…] in relazione al trattamento dei dati personali connessi all’attuazione delle attività di protezione civile ivi previste, allo scopo di assicurare la più efficace gestione dei flussi e dell’interscambio di dati personali, ha previsto che i soggetti operanti nel Servizio nazionale di protezione civile […] possono effettuare trattamenti, ivi compresa la comunicazione tra loro, di dati personali anche relativi agli artt. 9 e 10 del Regolamento (UE) 2016/679, […] ed osservando che […] Le disposizioni contenute nell’ordinanza risultano idonee a rispettare le garanzie previste dalla normativa in materia di protezione dei dati personali nel contesto di una situazione di emergenza.[...].

https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9265883

Dandone infine un parere FAVOREVOLE, così da legittimare la necessità di raccolta dei dati da parte di questi due enti pubblici.

Nell’ambito privato vediamo come affrontare questa raccolta di dati

Per tutto quello che riguarda l’ambito privato rimane invece un grande punto interrogativo sulla raccolta e la gestione dei dati personali.

In molti casi dati PARTICOLARI inerenti a salute e spostamenti geografici, causa fobia da corona virus, vengono richiesti alle receptions delle aziende private, dalle pmi fino alle enterprise di tutto il nord Italia.

Non tardano poi ad arrivare documenti, anche da associazioni industriali nazionali, che richiedono al receptionist di turno di improvvisarsi “medico di primo soccorso” richiedendo informazioni inerenti allo stato di salute riguardanti i giorni precedenti alla visita lavorativa.

“Rialzo temperatura oltre 37.2°? Tosse? Peggioramento condizioni?” “Negli ultimi 15 giorni ha avuto contatti con qualcuno che è stato in Cina/zone italiane attenzionate e presentava sintomi come tosse e/o febbre?” Ha soggiornato in Cina negli ultimi 15 giorni o proviene da un aeroporto cinese?

Il documento termina con una firma e una data e una sorta di rimando ad una informativa privacy.

Si sta parlando di dati inerenti ad art. 9 del Regolamento Generale Europeo sulla protezione dei dati (EU-GDPR), ovvero dati relativi alla salute dell’interessato; entrando anche nella sfera personale degli spostamenti geografici svolti nei giorni precedenti nelle zone a rischio.

Si richiede infine di auto certificare il fatto quindi di non essere potenzialmente venuti a contatto con il virus.

Questa autocertificazione contenente dati particolari per quanto verrà conservata? In che modo verrà archiviata? chi potrà accedervi?

In battuta si potrebbe rispondere che verrà messa in quarantena e distrutta una volta passata la crisi, ma se l’interessato non fosse contento di questa spiegazione e richiedesse un’informativa completa?

La crisi sanitaria che si sta protraendo in questi giorni in Italia è contingentata al momento ed è precauzionale per evitare il contagio influenzale, a tutela delle fasce più deboli che sono quelle più a rischio; non è pensabile utilizzarla come scudo e legittimità per la richiesta di dati non inerenti all’ambito lavorativo. Non fatevi prendere dalla voglia di improvvisazione e dalla fretta, studiate un’informativa per riuscire a legittimare un domani queste richieste.

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